WASHINGTON - In Iraq aveva curato centinaia di compagni feriti. Finché un cecchino non prese di mira lui, centrandogli la spalla sinistra. «E così, quando sono tornato a casa, non riuscivo a fare neppure le cose più semplici — ricorda Matt Bell, medico militare americano —. Non potevo allacciarmi le scarpe, mettermi una cintura, nemmeno abbottonarmi i pantaloni o mettermi il cappellino». Ora, però, Bell riesce di nuovo a fare tutto questo. Grazie alle operazioni e alle cure ricevute al Walter Reed Army Medical Center di Washington, dove è arrivato a maggio. Ma anche, spiegano i suoi dottori, a un alleato insperato: una console per videogiochi, la Nintendo Wii. «All’inizio eravamo scettici — spiega alla rivista militare Soldier il maggiore Matt St. Laurent —, ma poi ci siamo resi conto che quasi tutti i ragazzi che arrivano qui dall’Iraq o dall’Afghanistan avevano giocato con i videogames, nelle loro vite. E che aveva senso curarli con uno strumento a loro familiare».
Il Walter Reed Army Medical Center
Il Walter Reed Army Medical Center
RIABILITAZIONE - La Wii, poi, spiega sempre il maggiore Laurent, ha una serie di caratteristiche che la rendono perfetta per un programma di riabilitazione. Per giocare, infatti, occorre eseguire i movimenti che si vogliono replicare sullo schermo: per esempio, roteare il joystick come una mazza da baseball o da golf in Wii Sports, o muovere a tempo e in modo coordinato le dita, se si sta giocando a Guitar Hero (un videogame in cui si deve suonare una chitarra immaginaria): l’ideale, se si devono riattivare arti inutilizzati dopo una ferita. «Di fatto, questi videogame "truffano" la mente - continua il dottor Hector Romero -. Se c’è una ferita, tutti tendiamo a fermare i movimenti appena iniziamo ad avvertire dolore. Ma se stiamo giocando, la concentrazione fa sì che si superino le paure, e si completino i movimenti. Il che aiuta a riconquistare destrezza e mobilità negli arti». «Il medico mi aveva messo un peso intorno al polso — conferma il soldato Bell — e all’inizio mi faceva male. Ma quando ho iniziato a giocare, mi sono completamente dimenticato che quel peso fosse lì. Mi divertivo, e mi concentravo sul gioco, tutto qui».
FERITE INVISIBILI - Il punto è che la «Wii-habilitation» (gioco di parole rispetto all’originale rehabilitation) non aiuta solo le ferite esterne, ma anche quelle invisibili. Che, secondo studi dell’esercito americano, affliggono il 20% dei reduci delle guerre di Iraq e Afghanistan (dove hanno miltato, dal 2001, 1,7 milioni di soldati, e 30mila di loro sono rimasti feriti). «Quando i militari tornano dalle zone di guerra, con ferite spesso incredibili, si chiedono: "Come farò a rimettermi in sesto?". Ma quando si mettono a giocare, si rendono conto che stanno facendo esattamente quello che facevano prima di partire». Di fronte a un gioco, i militari riprendono a parlarsi. E a sfidarsi: «Spesso facciamo giocare un nuovo arrivato con un soldato che è al centro di cura da più tem
po. Così il "novellino" vede che, con le sue stesse ferite, si può giocare alla grande. E ha un motivo per lavorare sodo alla riabilitazione, per tornare alla normalità dopo l’inferno».
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