Secondo un'indagine realizzata da EmSense (sito ufficiale), la chiave del successo degli sparatutto in prima persona riguarda i combattimenti ravvicinati. Lo studio è stato realizzato attraverso dei biosensori, applicati ai giocatori tramite cuffie mentre praticavano delle sessioni di gioco con Half-Life 2, Halo 2, Gears of War, Battlefield 2142, Ghost Recon Advanced Warfighter 2, Call of Duty 3 e F.E.A.R.
Secondo i grafici forniti a corredo del rapporto, i valori sono più alti proprio in concomitanza dei combattimenti corpo a corpo. Per esempio, in Gears of War i giocatori sono più coinvolti quando sono costretti a far fuori le locuste con le motoseghe. La natura viscerale di questi momenti aumenta l'appagamento.
"I giocatori di Gears of War sono maggiormente appagati quando vedono il sangue sgorgare dalle locuste dopo che agiscono con le motoseghe", dice Tim Hong di EmSense. "A questo proposito possiamo citare anche Half-Life 2 e il piede di porco, ovvero l'unica arma a disposizione dei giocatori per lunghi tratti".
Un'altra dimostrazione che avvalora questa teoria riguarda le sessioni in cui si agisce con una postazione fissa, ad esempio un mitragliatore agganciato al terreno. La comparazione è tra Resistance e Halo 2: il primo dei due sparatutto sembra più efficace perché la minaccia apportata dai soldati nemici è più vicina fisicamente al giocatore, mentre in Halo 2 gli avversari sono troppo distanti per coinvolgere adeguatamente.
Un'altra teoria interessante riguarda i picchi di tensione. Secondo EmSense, spesso questi avvengono dopo momenti di relativa calma. Sequenze emozionali ma senza combattimenti, infatti, farebbero spesso da preludio a sequenze molto intense e coinvolgenti, avvalorando queste ultime. "Le pause sono propedeutiche per i momenti più intensi, rendendo le battaglie finali molto coinvolgenti", sottolinea ancora Hong.
Lo studio prende in esame altri aspetti degli sparatutto in prima persona, come le sequenze di intermezzo e i tutorial. L'intero studio è stato pubblicato da Gamasutra.